L’ABITO DI ARLECCHINO

2017

CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE DI TRIESTE

La ricerca artistica di Anna Pontel si è spesso concentrata, negli ultimi anni, su numerose tematiche legate all’investigazione dell’identità del sé. Anche le opere presentate in questa mostra non fanno eccezione e dimostrano come l’artista, con grande coerenza e rigore, stia portando avanti la sua riflessione sui temi del corpo e del suo rapporto con la nostra interiorità. Per fare ciò sono messi in campo, ancora una volta, materiali e tecniche peculiari della ricerca di Anna Pontel, quali gli assemblage di stoffe – che ci spingono a ragionare anche sullo statuto della scultura oggi –, il disegno su carta, le superfici riflettenti dello specchio.
In questa mostra personale sono presentati tre lavori che, pur sembrando molto lontani e diversi tra loro, condividono invece premesse e conclusioni comuni. Una fra tutte la circostanza di essere stati realizzati appositamente per questa occasione e, cosa ancora più importante, per questo spazio: la Casa Internazionale delle donne di Trieste, luogo di cultura, ricerca, lavoro e politica, creato dalle donne per le donne allo scopo di tenere assieme la storia decennale di diverse entità femminili che afferiscono al mondo delle associazioni, ai gruppi informali del movimento femminista e al mondo della cooperazione. Le opere Aggregazioni tessili – L’Abito di Arlecchino 01 e 02, ad esempio, sono realizzate con brani di diversi tessuti, regalati per l’occasione all’artista dalle persone che frequentano gli spazi del CID. L’installazione Specchio cangiante (112+29+1 punti di vista almeno) – una serie di tre specchi diversi ma uguali, due dei quali sfaccettati a rompere l’integrità dell’immagine che vi si riflette – prende avvio da un oggetto comune permanentemente usato dalla comunità del Centro: lo specchio che anima i corsi di yoga e pilates che qui si svolgono. Infine l’installazione In con tra – costituita da una serie di ritratti automatici – narrerà le presenze e gli incontri di una giornata particolare: l’inaugurazione di questa stessa mostra presso la Casa Internazionale delle donne di Trieste.
Le opere qui presentate condividono un ulteriore punto importante: la riflessione sul tema della separazione e dell’aggregazione, una contraddizione che vive e convive all’interno di tutti i lavori di questa mostra. Negli assemblage di stoffa, per esempio, notiamo come l’aggregazione – parola presente anche nel titolo stesso dell’opera – sia la base del lavoro e dell’azione costruttiva dell’artista che ha provveduto a mettere insieme, al fine di creare un oggetto “altro”, più grande e importante, degli scampoli di stoffa appartenenti, originariamente, a persone e oggetti diversi (arredi casalinghi, abiti, souvenir di viaggio, e così via). Allo stesso tempo, però, quest’opera è un esempio di separazione di ciascuno – tutte le donne che hanno partecipato col loro dono alla realizzazione materiale dell’opera – da qualcosa – il brandello di stoffa ceduto all’artista. In quest’operazione la separazione conta quanto l’aggregazione ai fini della resa finale dell’opera e questa è, certamente, la prima lezione che ci porta in dono questa mostra di Anna Pontel.
L’aggregazione e la separazione, poi, sono temi centrali anche nel caso dell’opera realizzata da tre specchi: uno intero, uno frammentato in 29 pezzi e posto al centro, uno costituito di 112 piccole superfici riflettenti collocato alla nostra sinistra. A seconda della direzione con la quale passiamo davanti a questi specchi, infatti, la nostra immagine integrale si spacca progressivamente in innumerevoli frammenti (e scopriamo la molteplicità del nostro io), o si ricompone magicamente in un intero, là dove la ricchezza della diversità torna a compattarsi in un’unica complessa identità. Ed ecco la seconda lezione che ci propone l’artista: è solo attraverso la scomposizione e analisi – sotto 112+29+1 punti di vista almeno – delle nostre diverse personalità che possiamo conoscere e accettare veramente la complessità della nostro essere noi.
Da ultimo separazione e aggregazione regolano anche la realizzazione di In con tra.
L’artista, in questo lavoro, esegue dei ritratti guardando, però, non al foglio da disegno, ma solo, ed esclusivamente, alla persona ritratta. In questo modo non ha il sopravvento la pratica artistica, ma quella di dialogo (silente) tra chi disegna e chi è disegnato. Il risultato finale, tanti ritratti automatici appesi alle pareti a comporre un puzzle- folla, rappresenta certamente un’aggregazione: l’incontro artista-soggetto ma anche, e forse soprattutto, l’incontro virtuale, a parete, di tutti coloro che si sono sottoposti al ritratto. Allo stesso tempo, però, siamo di fronte anche a una forma di separazione, perché ciascuno dei soggetti ritratti lascerà inevitabilmente un pezzetto di sé (della propria identità) all’artista e alla sua opera. L’ultima lezione che porteremo a casa dalla visita di questa mostra, dunque, è la più semplice ma, allo stesso tempo complicata: è solo nel confronto con gli altri che possiamo conoscere noi stessi.

Aggregazione tessile – L’abito di Arlecchino 01 (scalone d’ingresso)
2017
tessuti di varia origine e provenienza, grafite
dimensioni variabili

L’opera Aggregazione tessile – L’abito di Arlecchino 01 è costituita da un assemblaggio di tessuti di varia natura donati, in occasione di questa mostra, all’artista dalle persone che frequentano la Casa Internazionale delle donne di Trieste. Il lavoro, come sottolineato dal titolo, prende spunto dalla favola di Arlecchino, nella versione di Gianni Rodari: uno spunto autobiografico che apre uno spiraglio sui ricordi d’infanzia di Anna Pontel. Come noto la fiaba narra di come, in occasione di una festa di Carnevale, la mamma di Arlecchino desiderasse realizzare al figlio un bel vestito ma si trovasse in difficoltà non avendo i soldi sufficienti ad acquistare la stoffa necessaria: decide dunque di chiedere a tutti i bambini di regalarle uno scampolo avanzato dalla confezione del loro abito per realizzare, con queste stoffe tutte diverse, il famoso costume multicolore di Arlecchino.
Anna Pontel, dunque, si cala, in quest’occasione, nei panni della mamma di Arlecchino, chiedendo un aiuto agli altri (altre, in questo caso) per realizzare la sua opera che è, chiaramente, un inno ad alcuni principi che stanno alla base della realtà della Casa Internazionale delle Donne di Trieste: l’altruismo, la solidarietà, la creatività come via d’uscita dalle situazioni di difficoltà, la condivisione con gli altri nella ricerca di soluzioni efficaci ai problemi del quotidiano.
In questa particolare Aggregazione tessile, in aggiunta, notiamo come l’opera, collocata a parete sulle scale d’ingresso della Casa, non sia limitata e conclusa dal perimetro delle sue stoffe: una traccia di grafite disegnata dall’artista sul muro, infatti, si estende verso un potenziale infinito spaziale. Ecco dunque che l’installazione ci fa riflettere anche sulla sua stessa natura, sul suo statuto di opera d’arte: una possibile infinita riproposizione di moduli geometrici coinvolti in un fenomeno di inarrestabile crescita e continuità.

Aggregazione tessile – L’abito di Arlecchino 02 (nicchia nel corridoio)
2017
tessuti di varia origine e provenienza, legno
dimensioni variabili

Questa seconda Aggregazione tessile – come suggerisce anche il suo stesso titolo – è legata alla prima perché ne condivide l’idea di base e le modalità di costruzione.
L’oggetto finale, però, si presenta decisamente diverso: una serie di tre telai ciascuno con una forma leggermente variata rispetto agli altri due. Il carattere di questa seconda installazione, dunque, è decisamente più tridimensionale: sta in bilico tra il genere della scultura e quello della pittura. In aggiunta la forma di questi telai ricorda quella di numerosi oggetti di uso comune, come lo schienale di una sedia, una scala a pioli, un paravento, la testiera di un letto, e così via. Il “sapore domestico”, poi, è aumentato dalla presenza delle stoffe prese da abiti e arredi casalinghi: elementi questi che spingono tutti verso una fruizione e un rapporto per noi più intimi (e meno aurali) con le opere di Anna Pontel.

Specchio cangiante (112+29+1 punti di vista almeno) (sala benessere)
2017
plexiglass specchiato e specchio
150×120 cm

Lo spunto per l’opera Specchio cangiante (112+29+1 punti di vista almeno) nasce da un oggetto trovato dall’artista all’interno di questa sala della Casa Internazionale delle donne: uno specchio a figura intera utilizzato per i corsi di yoga e pilates che si svolgono in questo luogo. L’occasione è stata la prima visita di Anna Pontel a questi spazi quando, varcando la soglia di questa stanza, è stata colpita dalla sua immagine riflessa (e perfettamente incorniciata) in questo specchio che la accoglieva come un vecchio amico ma che, allo stesso tempo, la spingeva, la obbligava a farsi una serie di difficili domande: chi sono? cosa faccio qui? mi riconosco in quest’immagine di me stesso riflesso in questo specchio? Queste sono, di fatto, le stesse domande che dovremmo porre a noi stessi quando ci interfacciamo con quest’installazione site specific. Lo specchio intero, lasciato intatto dall’artista, è seguito (o anticipato, a
seconda della direzione che scegliamo di adottare per camminarci di fronte) da due altri specchi, identici per forma e misura, ma dalla superficie nettamente diversa. Uno dei due specchi, quello centrale, presenta infatti 29 partizioni, mentre il terzo, alla sinistra, è scomposto in 129 piccoli tasselli: il risultato è una progressiva scomposizione (o ricomposizione) dell’immagine specchiata, cioè della nostra stessa figura di osservatori. La passeggiata (avanti e indietro) che possiamo compiere di fronte a questi tre specchi è un gioco, che ci obbliga però a riflettere sulla complessità del sé, sulla continua trasformazione di tutto ciò che siamo, sulla moltitudine che è ricchezza dell’identità del singolo.

In con tra (sala benessere)
2017
due sedie, due persone, penna grafica

L’azione artistica sperimentale dal titolo In con tra è stata realizzata per la prima volta da Anna Pontel alla mostra Grado, isola delle donne e viene oggi riproposta in quest’occasione. Durante l’inaugurazione della sua mostra personale presso la Casa Internazionale delle donne di Triste (19 maggio 2017) l’artista ha realizzato una serie di ritratti automatici degli avventori dell’evento. Vestendo i panni della ritrattista di strada Anna Pontel fissa lo sguardo sui soggetti che le siedono di fronte realizzando il loro ritratto su fogli da disegno che, però, non guarda mai direttamente. Il risultato, tanti disegni di tante persone diverse, viene appeso a parete a comporre un “puzzle-folla”: una molteplicità di punti di vista che ricorda sia la scomposizione delle immagini riflesse in Specchio cangiante che la ricchezza delle Aggregazioni tessili.

Giorgia Gastaldon